Oggi vi parlerò del mio argomento preferito. Con “argomento preferito” intendo la Sintassi. Probabilmente la maggior parte delle persone hanno familiarità con questo termine perché ampiamente utilizzato nel settore dei linguaggi di programmazione sin dall’alba dei tempi dell’Era Informatica, e forse anche perché oggigiorno quasi tutti lavorano tramite un computer.
Tuttavia, la funzione originale del termine era quella di descrivere quel campo della ricerca linguistica che studia, paragona e analizza i principi che governano l’ordine delle parole nel flusso del discorso.
Più precisamente, stando alle regole sintattiche, dovremmo piuttosto parlare di tipi di parole. Sì, le parole vengono incluse in diverse categorie a seconda della loro posizione in una frase. Nella lingua inglese, per esempio, quando un sostantivo precede il verbo, generalmente esso viene indicato come soggetto.
Ah! Ma tu stai parlando di grammatica! Potrebbe pensare qualcuno di voi. Stai parlando di aggettivi e pronomi e proposizioni subordinate e tutta quella bella roba che si impara al liceo e che non serve a un bel niente, dal momento che sappiamo già come si fa a parlare.
Be’, sì e no. In realtà, sto per imboccare un’altra strada e invocare un altro ramo dell’albero della linguistica, noto come linguistica diacronica, che studia i cambiamenti della lingua nel corso del tempo; praticamente un’ulteriore suddivisione dell’etimologia. Gli studi etimologici si concentrano sull’origine delle singole parole, la loro storia nel tempo, i loro cambiamenti morfologici e semantici. Morfologicamente, fonologicamente e foneticamente parlando, la parola “grammatica” è strettamente imparentata con il termine “glamour”. Il che è vero anche dal punto di vista semantico, nonostante ogni sorta di connessione tra le due cose sia andata perduta.
Siamo in un paese libero, e avete facoltà di credere quello che volete, ma è altamente probabile che i primi alfabeti furono inventati non tanto da mercanti, quanto piuttosto dai maghi. Proprio come i primi “contratti” erano in realtà delle “formule” scritte con il sangue sulla pelle umana. I primi alfabeti venivano utilizzati per la magia e la divinazione, come il caso delle antiche rune, apprese da Odino, padre dei padri della mitologia scandinava, dopo essere rimasto appeso a testa in giù all’albero cosmico Yggdrasil per nove strazianti giorni, durante i quali un corvo gli volò sopra cavandogli un occhio.
Odino era molto “glamour”, in questo senso, e tale era anche Thoth, che potò la scrittura agli antichi egizi.
Il termine “grammatica”, è molto vecchio, antico, addirittura mitologico. Non riflette con precisione ciò che in realtà è la sintassi. È un termine ombrello che si è preservato fino ai giorni nostri, e ancora oggi il suo incantesimo è potente. Così potente che persino Noam Chomsky, il padre della linguistica moderna (per lo meno negli Stati Uniti) lo utilizzava per designare la sua nuova teoria per illustrare la sintassi. In effetti, quando si pensa alla “grammatica”, spesso si pensa alla sintassi, ma non sempre.
La grammatica generativa-transformazionale di Chomsky tratta esclusivamente di fenomeni sintattici; è così rivoluzionaria che per molti anni parole come sostantivo e aggettivo (sostituite con NP – nominal phrase – di S – sentence – e modificatore) furono severamente proibite, pena essere sbattuti fuori a calci dal MIT, per sempre.
Eppure, la parola magica grammatica (glamour) persiste tutt’oggi.
Potrei sembrare pedante sulla questione terminologica, ma non amo quando la gente mi etichetta come esperto di grammatica; io sono un esperto di sintassi, uno che studia l’ordine delle parole. E, già che siamo in vena di rivelazioni, vi svelerò perché la cosa mi sta tanto a cuore. Allacciatevi le cinture!
Sicuramente avrete già sentito molte volte l’espressione “mettere insieme due frasi “.
Certamente, ma vi siete mai chiesti perché proprio due? Perché non tre, invece? O quattro, o un migliaio, per quanto mi riguarda? Perché l’atto di “mettere insieme due frasi” segna l’inizio del ragionamento e della cognizione. Una parola come “perché” non potrà che essere extra-frase, una parola che collega due pensieri, idee, frasi in una relazione di causa-effetto, una delle leggi fondamentali non solo dell’umanità, ma dell’universo intero.
Luigi Noto